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Trallalero
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Trallalero

 

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Il "Trallalero" è un canto polivocale ad imitazione strumentale, tramandato oralmente, tipico dell’area genovese con estensione anche lungo l’Appennino.

 

Nulla di scritto esiste sull’origine di questo canto salvo accenni a "canti a crocchia" che fanno pensare alla sopravvivenza di una antica tradizione polifonica che si imparenta con il canto a bei toscano, i tenores sardi o ancora i canti della Georgia russa.
I canterin (canterini), così vengono chiamati i cantori, cantavano e cantano tuttora in cerchio: la vicinanza offerta dal cerchio rende al meglio l’effetto sonoro, permette di guardarsi e vedere bene i segni di chi porta a squaddra cioè chi, con segni convenzionali delle mani, dirige l’esecuzione.
 

Le voci fondamentali per poter eseguire un trallalero sono:

 

  • un tenore, chiamato o primmo perché è la voce-guida che deve, in genere, iniziare nella tonalità giusta insciu tun; la tonalità in cui si canta va dal sol al sol diesis e a volte anche in la. Comunque sia, quando si riesce a cantare per tutto un brano nella stessa tonalità il commento finale più frequente è "a l’ea rionda comme unn-a meia!" ("è rotonda come una mela!");
  • un uomo che canta in falsetto, detto o contræto o u segundu od ancora a bagascetta. Questo tipo di voce maschile potrebbe essere testimonianza di un’origine liturgica: i cori della Cattedrale erano formati da voci solo maschili che interpretavano ruoli prettamente femminili come soprano e contralto;
  • un baritono detto u cuntrubassu, la cui funzione è importante anche per fornire una base ad un’altra voce:
  • a chitâra, perlopiù baritonale o tenore-scuro, con timbro molto marcato e nasale ottenuto mettendo il dorso della mano davanti alla bocca (cosa che non veniva fatta anticamente): questa voce, che ha una funzione prevalentemente ritmica, non usa mai parole ma solo la sillaba "du";
  • tre o quattro bassi, i basci, voci molto "scure" e profonde che negli attacchi (a battua) tengono a lungo la sillaba "bo", mentre nelle "passate" diventa "bon bon bon" (o "lon lon lon)". Mi è capitato spesso comunque di trovarmi in mezzo a canterini che discutevano chiedendosi "ma alloa dimmo "bon-bon" o "lon-lon?""

 

Questa è la formazione tipo e conta in genere dai sette ai nove elementi. Il numero può arrivare fino a dodici e ciò può dipendere principalmente da due fattori: dalla potenza dei bassi che, se non è sufficiente, deve essere rinforzata numericamente e dal repertorio. Quest’ultimo infatti dagli anni venti (epoca del revival della canzone genovese promosso principalmente da C. Carbone e A. Margutti) si è arricchito con canzoni d’autore per le quali è previsto l’inserimento di bassi cantabili, assolutamente non ammissibile invece nei trallaleri tradizionali.

I testi dei trallaleri sono composti in genere da una strofa di quattro versi (tetrastico) ripetuta due volte: nella prima il terzo verso viene ripetuto, ed è seguita dalle sillabe "tra la la la" (da qui il nome onomatopeico trallalero), nella seconda il quarto verso completa la strofa che sarà seguita nuovamente dal trallalero vocalizzato.

 

A bonn-a seja
(anonimo)
Mi ve lascio ä bonn-a seja,
mi ve lascio ’n bello addio,
se ö me coeu me l’ei sentiô,
se ö me coeu me l’ei sentiô.
Mi ve lascio ä bonn-a seja,
mi ve lascio ’n bello addio,
se ö me coeu me l’ei sentiô
vaddo a letto a riposâ,
[trallalero vocalizzato]
vaddo a letto a riposâ.

 

A volte il testo è allungato, eseguendo così quello che viene chiamato remescellu ("rimescolamento") o remescio ("gomitolo"), nel quale i canterini uniscono frasi o strofe di trallaleri differenti dando luogo ad esecuzioni in cui il testo non ha senso, rafforzando così l’importanza ritmica di tale canto.
Il trallalero per eccellenza, quello che più spesso si poteva ascoltare e tuttora è il mio preferito, è "La partenza". Il compianto caro amico Edward Neill, etnomusicologo di fama internazionale, è stato il primo ad effettuare un serio lavoro di ricerca e registrazione di trallaleri. Neill ha scritto:
«Il repertorio puntava sulla sinteticità, vero specchio della mentalità genovese. Un classico trallalero, "A partensa", è affidato a pochi versi. È però interessante notare che alla fine della quartina, i cantori intonano la melodia di base senza parole (di qui il termine trallalero) esaltandone i contenuti ritmici. [...] i canti discendevano dalla tradizione puramente orale trasmessa di padre in figlio o da zio a nipote e i testi avevano un’importanza molto relativa, in quanto era più essenziale curare la parte ritmica e la precisa sincronizzazione delle varie voci in gioco. Per questo speciale aspetto si potrebbe affermare che le "parole non contano ma cantano".»

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(La musica popolare ligure -- Sedimus : Milano)

 

Per questo libro gli esempi musicali dal vivo e le trascrizioni sono state effettuate dall’etnomusicologo Mauro Balma, autore anch’egli di diversi importanti lavori sul trallalero e la musica tradizionale.

Nell’ottobre del ’54 Alan Lomax registrò a Genova il trallalero, rimanendone affascinato, tanto da affermare "trallalero, the most perfect choristers in Western Europe". Alcuni di questi documenti sonori fortunatamente sono stati pubblicati nel 1999 nel CD "The trallaleri of Genoa: Italian treasury" (The Alan Lomax collection) dalla casa discografica americana Rounder.

Le squadre di canto, così si chiamano i gruppi di trallalero (o anche squadre di bel canto popolare) purtroppo oggi sono ridotte a cinque: "a Lanterna" [foto qui sopra], "Gruppo canterini Valbisagno" [foto più in alto, in divisa rossa], "Gruppo spontaneo trallalero" [foto a inizio pagina], "Giovani canterini di Sant’Olcese", "la Squadra compagnia unica"; purtroppo nel 2005 si è sciolta "la Nuova Mignanego"; un tentativo di formazione è in atto da un po’ di tempo a Vignole Borbera con i "Canterini delle quattro valli", ma stenta a decollare per mancanza di elementi. Spesso allora le esibizioni avvengono grazie alla disponibilità di canterini di altre squadre, cosa non tanto ben vista, più che altro perché impedisce la maturazione dell’identità della squadra stessa e cioè il formarsi della dæta, cioè il modo di cantare che caratterizza un canterino ma anche una squadra. Un’altra formazione periodica è rappresentata dalla squadra "Trallapesto", nata da un’idea di Giuseppe Laruccia per l’edizione 2003 del festival nazionale della musica tradizionale e del trallalero "Canti di terra e mare" organizzato da "la Rionda" in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Provincia di Genova: della formazione possono far parte solamente i più giovani canterini appartenenti anche ad altre squadre.

Le squadre provano in genere una volta alla settimana. A Genova il sabato pomeriggio in piazzetta Luccoli, presso il bar Luccoli, si riuniscono canterini appartenenti a squadre differenti o che non cantano in nessuna squadra per poter cantare: quando si verifica questo fenomeno, e cioè il canto realizzato da elementi appartenenti a squadre diverse o a nessuna squadra, questi si chiamano arreuccheugeiti (raccogliticci)!

 


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"LaFavolaBlu" ringrazia pubblicamente e sentitamente

Laura Parodi

per la sua disponibilita’ e per l’autorizzazione alla pubblicazione

del suo articolo dedicato ai Trallalero.